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Credo

Il nome di Chiesa “vetero-cattolica” non esprime conservatorismo, ma l’intento di un ritorno alle originarie fonti cristiane.

 

Nasce formalmente nel 1870, quando molti studiosi e presbiteri rifiutano di sottomettersi ai nuovi dogmi imposti dal Concilio Vaticano I: infallibilità del papa e suo potere di governo (giurisdizione universale) sulla Chiesa intera.

Chi non accettò i due famosi dogmi venne scomunicato; alcuni si tennero la scomunica, altri - ritenendola indebita e quindi nulla - continuarono l'attività della Chiesa. Il discorso del Vescovo Strossmayer al Concilio Vaticano I può essere reperito sul sito della Parrocchia di San Vincenzo di Lerins (In Concilio non siamo liberi!).

Con pochissime eccezioni i Riformatori non hanno mai voluto “fondare” una nuova Chiesa, ma riformare l'unica Chiesa di Cristo.

 

Fin dall’inizio, questa Chiesa ha avuto consapevolezza di una forte vocazione a presentare una Chiesa da un lato più fedele alle origini e dall’altro capace di applicare il Vangelo oggi; altro caposaldo che permea il vetero-cattolicesimo sin dalla sua nascita è l'impegno nell’ecumenismo.

 

Dal 1931 vi è piena comunione ecclesiale (full communion, unità di fede e sacramenti) con la Comunione Anglicana; in Italia, siamo sotto la giurisdizione della Chiesa d’Inghilterra.

 

La fede della Chiesa espressa in breve è proclamata nei Simboli di fede.

 

La Scrittura (AT secondo il canone cattolico e NT) è la norma suprema, ma si riconosce il valore della Tradizione ‘apostolica’, quella cioè che ha portato alla formazione del canone del NT, necessaria per una corretta comprensione della Parola di Dio che ci viene comunicata attraverso la Scrittura.

 

Si accettano le definizioni dogmatiche dei primi 7 concili, quelli veramente ecumenici (in particolare, Trinità e Incarnazione). Le decisioni successive, anche se prese da un concilio, vanno verificate alla luce della Scrittura e di queste definizioni.

 

Siamo giustificati per fede, fede che deve necessariamente esprimersi nelle opere dell’amore.

 

Si conservano la grande tradizione spirituale e liturgica del cattolicesimo, compreso il settenario sacramentale (dando la priorità a Battesimo ed Eucaristia quali sacramenti storici); si crede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, ma non nella transustanziazione. La confessione privata è facoltativa. A essa si aggiunge la riconciliazione pubblica durante la celebrazione eucaristica.

 

Il culto si celebra fin dagli inizi nella lingua del popolo, dando molta importanza alla predicazione e respingendo forme di pietà eccessive o superstiziose (abusi nel culto dei santi, nel culto mariano, reliquie, ecc.). Particolare risalto, per le sue conseguenze ecclesiali,  si dà alla  necessità di amministrare a tutti la comunione sia con il pane sia con il vino.

 

Si onora Maria come Madre di Dio, ma non si condividono le successive speculazioni sulla sua immacolata concezione, assunzione in cielo o mediazione universale.

 

Nella comunione dei santi si può pregare gli uni per gli altri anche al di là del limite della morte; ma ‘santi’ sono tutti i credenti, e non esiste dottrina del purgatorio e delle indulgenze.

 

Il Vescovo di Roma (il Papa) è soltanto un primus inter pares, ma per motivi storici, non per volontà divina; non è infallibile e non detiene governo (giurisdizione) sulla Chiesa universale.

 

La Chiesa ha struttura sinodale, con piena autorità dei laici, e vescovi che garantiscono la successione apostolica, eletti dalle singole assemblee nazionali.

 

La Parola di Dio si pone nella tensione di un Nuovo Testamento che non sostituisce, ma re-interpreta un Testamento che non è superato, né annullato, ma che continuando a costituirne le imprescindibili radici, è semplicemente “ri-letto”. Questo metodo che situa la Parola nell’oggi, consente di rileggere continuamente le Scritture per preservarne l’essenza, perché non l’uomo è stato fatto per la legge, ma la legge per l’uomo! È solo in questa ottica che si praticano:

-l’ordinazione femminile (diaconato, episcopato, presbiterato);

-il matrimonio delle persone ordinate;

-il dovere e il diritto delle coppie di esercitare una genitorialità aperta alla vita e responsabile, scegliendo in base alle necessità e alla coscienza della famiglia, gli eventuali metodi contraccettivi;

-le nuove nozze dei divorziati (come in tutta la Chiesa, fino al III secolo);

-l’accoglienza integrale delle persone omosessuali, senza alcuna discriminazione sia nella vita ecclesiale sia nell’accesso agli ordini sacri.

 

È una chiesa povera, e in Italia tutti i presbiteri si mantengono attraverso un’attività lavorativa, che pur sottraendo forze ed energie per la pastorale, al tempo stesso contribuisce ad abbattere la barriera tra laicato e presbiterato in virtù del sacerdozio universale di tutti i credenti.

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